Tameshigiri e Suemonogiri

       

Tameshi-Giri e Suemono-Giri

 

Tameshi-giri” (o “suemono-giri”) erano delle “pratiche culturali” della classe samurai nell'era feudale giapponese in cui venivano utilizzati dei bersagli come mezzo per testare la qualità delle spade oppure l'abilità degli spadaccini.

Sebbene il termine tameshi-giri nel moderno lessico marziale si riferisca ad "un metodo di allenamento per l'utilizzo di una spada attraverso il taglio di bersagli convenzionali” i significati socio-culturali originari che lo simboleggiano come costume, nonché le sue funzioni sociali nella struttura del Giappone premoderno, sono raramente approfondite; lo scopo di questo breve documento è quindi quello di offrire un'analisi su questa antica usanza concentrandosi sulla sua trasformazione e sulle sue funzioni sociali, sia manifeste che latenti.

Tameshi-giri” (o “suemono-giri”), attività in cui cadaveri venivano usati come “bersaglio” allo scopo di testare l'efficacia delle spade, oppure l'abilità degli spadaccini, era una pratica culturale della classe dirigente dei samurai durante il periodo Edo (1603-1868) socialmente accettata ed anche apprezzata fino al 1871, e quando nel 1868 ebbe termine il governo dello shogun Tokugawa una pratica così brutale aveva ufficialmente già cessato di esistere: otto anni più tardi veniva altresì ufficialmente decretato da parte del nuovo governo il divieto di indossare le spade in pubblico.

Tuttavia pur essendo trascorsi quasi 150 anni dalla scomparsa di questa insolita usanza  il termine giapponese “tameshi-giri”, usato nel gergo marziale in riferimento a un tipo di allenamento particolare nell'uso della spada, è tutt’ora ampiamente usato anche nel mondo occidentale; il termine “tameshi-giri” è oggi usato in generale per riferirsi alla pratica di tagliare bersagli convenzionali come rotoli di stuoie di paglia o bambù inzuppati d’acqua allo scopo di testare e sviluppare l'abilità nell'uso delle spade. "Suemono-giri" è un altro termine giapponese su cui però molti praticanti occidentali di arti marziali non hanno usualmente familiarità; è un termine piuttosto antico che gli stessi moderni praticanti di arti marziali in Giappone non usano molto spesso a meno che il contesto non richieda specificamente questo termine più ristretto (e che ovviamente siano a conoscenza della sua esistenza). Oltre ad avere un'enfasi semantica riguardante il modo in cui è posizionato l’obiettivo da tagliare (cioè se l'obiettivo è fisso oppure no, se è posto su un supporto, quale tipo di supporto, …) il termine “suemono-giri” significa fondamentalmente la stessa cosa di tameshi-giri, entrambi quindi si riferiscono fondamentalmente allo stesso comportamento/azione sociale.

Non sorprende che l'effettiva pratica del tameshi-giri (e del suemono-giri) come consuetudine culturale e sociale sia molto cambiata nel corso della sua storia; oggi se un giapponese sentisse uno dei due termini immaginerebbe un samurai del passato, o un abile spadaccino moderno, intento nell’esecuzione di varie tipologie di tagli su bersagli fissi - realizzati con dei materiali convenzionali - allo scopo di testare e sviluppare la sua capacità di eseguire adeguate tecniche di taglio con una spada; allo stesso modo la stessa definizione di tameshi-giri sembra essere stata ampiamente condivisa anche tra i praticanti non giapponesi che hanno familiarità con il termine e con lo studio della spada. Tuttavia il fatto che il termine tameshi-giri sia già inteso come "taglio di prova di un bersaglio fisso con la spada" le sue funzioni storiche e sociali per la classe dei samurai, e la trasformazione delle sue funzioni nell'era feudale, raramente sono state approfondite. Quando la pratica feudale del tameshi-giri viene discussa in un contesto non scientifico ciò rischia spesso di comportare incomprensioni sui suoi scopi diretti (ovvero testare la qualità delle spade o testare l'abilità di uno spadaccino) nonché sul suo comportamento sociale (cioè mantenere lo spirito marziale della classe guerriera, punire i trasgressori di crimini, e come struttura nell'ambito del sistema istituzionale di giustizia penale).

 Significati letterali di tameshi-giri e suemono-giri

La parola "tameshi" significa "testare" ed il suffisso "-giri" "tagliare", quindi un nome composto "tameshi-giri" significa letteralmente "taglio di prova".

La parola "sue-mono" significa "qualcosa che è apposto su una specie di supporto, quindi "suemono-giri" significa letteralmente "taglio di un bersaglio fisso".

Come è ovvio dalla semantica né la parola tameshi-girisuemono-giri indicano di per sé "cosa deve essere tagliato" né “come deve essere testato”; per comprendere i significati e le connotazioni culturali dei due termini  (come comportamento sociale individuale, come costume culturale oppure di struttura sociale) la necessità di conoscere a che cosa essi effettivamente si riferiscono nella lingua giapponese sembra essere un requisito indispensabile, in quanto una qualsiasi lingua è un riflesso della cultura stessa. Le definizioni di tameshi-giri fornite nei dizionari giapponesi presentano interessanti connotazioni storiche specificandone altresì lo scopo immediato, lo scopo sociale, ed il mezzo da tagliare; secondo un moderno dizionario enciclopedico giapponese il termine tameshi-giri è definito come “la procedura per testare la capacità di taglio delle spade tagliando uomini e animali”, in un altro noto dizionario questo è definito come “tagliare esseri umani o un fascio di paglia di riso per testare il taglio delle spade”, in un altro dizionario è definito ancora come il "tagliare cani, gatti o esseri umani per testare la capacità di taglio delle spade. In nessuno di dizionari esiste invece una definizione per il termine suemono-giri.

Connotazioni storiche

Mentre la semantica dei due termini non indica lo scopo immediato dell’azione i tre dizionari definiscono invece chiaramente il tameshi-giri con il suo scopo previsto: ovvero "testare la capacità di taglio o la qualità delle lame" piuttosto che le abilità dello spadaccino; le definizioni fornite da tutti e tre i dizionari linguistici inoltre specificano persino un obiettivo di taglio comune: gli esseri umani (anche se non specificano se sono cadaveri oppure ancora in vita). Naturalmente nella società giapponese moderna il tagliare esseri umani, vivi o morti che siano, allo scopo di testare la qualità delle spade è legalmente e moralmente condannato (…non esistono più i bravi giapponesi di una volta…); oggigiorno infatti vi è consapevolezza comune che la pratica del tameshi-giri sia dedicata esclusivamente al taglio di bersagli costruiti con materiali convenzionali allo scopo di misurare l'abilità di uno spadaccino piuttosto che per valutare la qualità delle spade. Come abbiamo visto i moderni dizionari giapponesi definiscono tuttavia ancora il tameshi-giri essenzialmente come "la prova della qualità delle spade tagliando esseri umani”, la spiegazione più logica è che tale pratica ai tempi dei samurai designava infatti proprio "la prova delle spade tagliando esseri umani". Dobbiamo tenere innanzitutto presente che storicamente, dalla fine della cosiddetta Era degli Stati Combattenti fino all'inizio del periodo Edo, il poter portare le spade era un privilegio culturale e legale concesso solamente ai membri di una specifica casta sociale dirigente allo scopo di simboleggiare determinati valori, o per servire determinate funzioni sociali ad essi pertinenti. Non è facile individuare tameshi-giri (o suemono-giri) documentati negli archivi storici scritti prima del 1500 in quanto molti documenti antecedenti al periodo Muromachi furono persi, oppure vennero andati distrutti dagli incendi durante il lungo Periodo degli Stati Combattenti (1493-1573); tuttavia i documenti scritti dopo la battaglia di Sekigahara del 1600 tendono essere molto meglio conservati (o addirittura sono stati ristampati) rendendo così la ricerca e l'analisi più facili.

Dalla metà del 1600 le registrazioni di tali pratiche iniziano ad apparire frequentemente sia nei documenti storici sia nei registri pubblici nazionali e locali, nonché negli scritti di autori privati (sebbene la parola suemono-giri non appaia così spesso); in quei documenti parole più semplici per “tameshi-giri” come "tameshi" e "o-tameshi" (cioè un titolo onorifico di "tameshi" quando eseguito da un samurai di rango elevato) venivano usati per indicare "il taglio di prova sugli esseri umani per mantenere le onorevoli abilità marziali e lo spirito dei guerrieri samurai". È interessante notare che quei documenti non specificano tameshi (oppure o-tameshi) come test della qualità delle spade, ma tendono piuttosto ad enfatizzare il loro scopo per il mantenimento delle abilità e dello spirito marziali. Uno di questi documenti del 17° sec.  ad esempio, il quale è stato usato dal Dipartimento di Letteratura e Libri dello Shogunato Tokugawa come registro delle sentenze emesse dai daimyo (i governanti delle province ai quali lo shogun dava completa autorità di governo) delle varie provincie, documenta che Hosokawa Tadaoki (1563-1645) - il primo signore della provincia di Buzen Kokura - eseguì il suo primo o-tameshi su nove cadaveri quando aveva solo 15 anni. Il figlio di Hosokawa Tadaoki - secondo signore della provincia di Kokura - è anch’esso documentato per aver eseguito o-tameshi a Nitcho; è anche provato che i due figli di Tokugawa Ieyasu, nati entrambi poco dopo la battaglia di Sekigahara e diventati i governanti dei propri territori governativi, eseguirono "o-tameshi" su un servitore della classe comune il quale aveva commesso un crimine, e sul cadavere di un criminale giustiziato nella loro giurisdizione nei primi anni del 1600. In un documento scritto nel 1600 da un autore privato si documenta che Horio Tadaharu (1599-1633) - terzo signore della provincia di Izumo - era assolutamente favorevole alla pratica di o-tameshi; anche nello Hagakure scritto nel 1716 da Yamamoto Tsunetomo - un samurai in pensione nella provincia di Saga - si descrive come Nabeshima Katsushige (1580-1657) quando era giovane effettuò tameshi-giri su dieci esseri umani per ordine di suo padre. Nei documenti redatti tra la metà del 1600 e l'inizio del 1700 la popolarità del tameshi-giri tra i samurai finanziariamente più abbienti è ben documentata: nel 17° sec. ad esempio l’Hennen tairyaku - il documento ufficiale del governo provinciale di Owari - documenta che nel 1667 alcuni cadaveri di cristiani giustiziati erano stati assegnati agli ufficiali samurai per l'impiego di tameshi-giri (questo documento implica che in quel periodo il tameshi-giri era una pratica molto comune tra la classe dei samurai e che venivano formalmente consegnati cadaveri di criminali giustiziati per tale scopo); a metà del 1660 si sono verificati ulteriori casi che si possono trovare altresì registrati in “Histoire de la religion chretienne au Japon” - un libro scritto dal diplomatico e scrittore francese Lèon Pagès il quale ha tradotto molti documenti storici relativi alla presenza di cristiani in Giappone. Nella provincia di Nara nella metà del 1600 anche il registro ufficiale dei tribunali penali (Ufficio del magistrato di Nara del XVII - XIX sec.) registra l'utilizzo di cadaveri di criminali che sono stati giustiziati ed utilizzati per il tameshi-giri.

Per riflettere su come il tameshi-giri fosse popolare in Giappone durante il 1600 il Zoku Henro-ki (un diario privato tenuto da un samurai della provincia di Echizen alla fine del 1600) descrive come i servitori di un samurai che si dedicava al tameshi-giri cercassero nei fiumi cadaveri di annegati per il loro padrone; a conferma di quanto descritto il governo provinciale di Kaga nel 1661 emanò ufficialmente un ordine per vietare a chiunque di raccogliere cadaveri di annegati, o di feriti a morte lungo le strade, allo scopo di tameshi-giri …a meno che… non siano stati autorizzati dall’ufficio del magistrato locale. Similmente, nel registro ufficiale del governo provinciale di Aizu, vi è traccia di una nuova procedura formale promulgata ufficialmente nel 1660 e riguardante l'uso di strutture pubbliche specificamente dedicate al tameshi-giri; secondo questo atto ufficiale la nuova procedura doveva essere seguita da tutti i membri della classe dei samurai della provincia, dal grado più basso agli ufficiali di grado più alto; questo ci suggerisce chiaramente che nella provincia di Aizu (la quale era famosa per il suo forte spirito militare e guerriero) questo tipo di pratica era estremamente comune e popolare tra i samurai di tutti i gradi. La popolarità del tameshi-giri come parte di un sistema integrato è ben documentata anche in un diario privato tenuto da un funzionario samurai di alto rango della provincia di Owari (Asahi, 1691-1718).

Durante il 1700 il governo Tokugawa instaurò un periodo di pace e di ordine sociale dando molto risalto all'educazione ed ai comportamenti morali della classe dirigente dei samurai, a cui la classe comune doveva comunque portare assoluto rispetto; come conseguenza la popolarità del tameshi-giri tra la classe dei samurai iniziò nettamente a declinare. Nei volumi dello shogunato Tokugawa del XVIII - XIX sec., i più antichi dei quali avevano orgogliosamente documentato la pratica del o-tameshi da parte di daimyo di rango elevato (nati prima o subito dopo la battaglia di Sekigahara), si iniziarono a registrare ad esempio storie di misericordiosi daimyo che abbandonavano la pratica dell’o-tameshi dopo aver ricevuto una predica da parte di un monaco, oppure perdonare criminali che stavano per essere giustiziati.

Per riflettere sul declino nazionale di tale pratica si legge che nel 1700 l'autore dell’Hagakure si lamenta del fatto che le giovani generazioni della classe guerriera adducono scuse per non eseguire i tameshi-giri; in una lamentela molto simile un samurai della provincia di Shonai (nei primi anni del 1700) afferma che nonostante le lamentele dei giovani samurai, i quali criticano il tameshi-giri in quanto lo ritengono brutale e rozzo soprattutto in un momento storico in cui la società è pacificata, non si sono altri modi per mantenere un corretto spirito marziale ed una preparazione tecnica costante che usare effettivamente le spade su criminali condannati a morte. Il declino complessivo della pratica del tameshi-giri da parte delle nuove generazioni di samurai è stato anche riportato nel Hachiju ou mukashi-banashi, un saggio scritto nel 1732 da un’ottantenne ufficiale hatamoto in pensione dell'esercito dello Shogun: in retrospettiva l'autore afferma che durante gli anni 1660-1670 i domestici della classe comune che furono sorpresi a commettere un crimine nella villa del padrone furono usati come strumento per tameshi-giri, ma negli anni più recenti (cioè 1720-1730) tali le cose erano diventate oramai molto rare.

In alcuni documenti storici del 1700 si registrano casi di tameshi-giri soprattutto nel contesto di atti giudiziari, e sempre durante questo periodo la maggior parte dei giornali ufficiali e dei registri dei governi provinciali (che furono mantenuti aggiornati fino alla fine del periodo Edo) iniziarono a menzionare solo brevemente tale tipo di pratica; questa tendenza, rilevabile dai registri, continua anche nel 1800. Le parole "suemono-giri" e "suemono" appaiono invece molto meno frequentemente di quanto non facciano "tameshi" oppure "o-tameshi", iniziano tuttavia ad apparire più regolarmente dalla metà del 1700 al 1800.  In particolare si rileva che quando il termine “suemono” compare nei documenti storici questo si riferisce per lo più ad una specifica forma di “tameshi” in cui il cadavere di un condannato a morte viene posizionato su un terreno rialzato (Dodan) per essere utilizzato come bersaglio; inoltre la parola "suemono" è stata anche usata per formare nomi composti come "suemono-shi" che indica un esperto/professionista in "taglio di prova di bersaglio stazionario", o "suemono no waza" che significa "tecniche di taglio di prova su bersagli stazionari". I termini suemono-shi - esecutori professionisti di tameshi-giri - iniziano ad apparire nei documenti storici sempre più spesso nel 1700 quando oramai la pratica culturale di tameshi ed o-tameshi iniziava chiaramente a declinare, finché nel 1800 era ormai unicamente contestualizzata nella procedura penale successiva alle esecuzioni. Nella giurisdizione della capitale Edo il tameshi e l’o-tameshi furono interamente commissionati alla famiglia Yamada Asaemon, i quali erano già testatori di spade professionisti specializzati nel taglio di prova su cadaveri e persino su criminali vivi per conto dello Shogun Tokugawa e di altri nobili di altissimo rango. Siccome nel 1800 il tameshi-giri veniva oramai eseguito da suemono-shi professionisti, oppure da samurai commissionati dal governo o dai governatorati locali, non ci sarebbe più alcun rapporto scritto di o-tameshi eseguito “privatamente”.

Al governo dello Shogunato Tokugawa subentrò nel 1868 il governo Meiji; questi nel 1871 abolì le quattro caste sociali (cioè la classe dei samurai, la classe dei contadini, la classe degli artigiani e la classe dei mercanti) dichiarando l’uguaglianza delle quattro le categorie, emettendo oltretutto nel 1876 il divieto di indossare la spada da parte di coloro che non erano ufficiali militari o forze di polizia in servizio attivo. Con l’ordinanza del nuovo governo imperiale veniva così completamente abolita la classe guerriera dei samurai che aveva governato il Giappone per quasi 700 anni. Se andiamo ora ad esaminare le registrazioni notificate nei documenti storici si possono osservare quattro fasi storiche di transizione:

1)         l'era pre-Sekigahara (prima del 1600) - in cui tameshi-giri si presume fosse praticato regolarmente tra la classe dei samurai nell'era degli Stati Combattenti;

2)         l’epoca dagli inizi del 1600 ai primi del 1700 - in cui tameshi-giri e o-tameshi erano molto popolari tra i samurai di rango elevato;

3)         l'era in declino (dalla metà del 1700 al 1876), in cui il tameshi-giri veniva considerato crudele ed i samurai disumani, e dove i samurai di alto rango non eseguivano più o-tameshi privatamente;

4)         l'era moderna, nella quale il tameshi-giri viene riproposto come una forma di allenamento nell’ambito delle arti marziali.

In ognuna di queste fasi gli scopi diretti del comportamento nonché i significati simbolici e le funzioni sociali sembrano diversi, in quanto il ruolo e la funzione della classe dei samurai si sono nel tempo modificate; i suoi scopi immediati, così come il significato simbolico e le sue funzioni sociali, sono pertanto da analizzarsi in ciascuna delle quattro fasi storiche. Il fatto che abbiamo fonti ben documentate nelle quali viene riportato che i daimyo del primo periodo Edo eseguivano la pratica dell’o-tameshi ci suggerisce fortemente che per il samurai del periodo pre-Edo, in particolare durante l'era degli Stati Combattenti, la pratica del tameshi-giri era molto comune…anche perché i campi di battaglia fornivano continuamente mezzi ed opportunità.

Poiché la classe dei samurai era costantemente impegnata nelle battaglie non è difficile immaginare che il tameshi-giri serviva non solamente allo scopo di testare la qualità delle spade ma anche per testare le abilità fisiche e mentali derivanti dal loro uso. Da un punto di vista tattico nei campi di battaglia i samurai indossavano ovviamente un’armatura ed usavano le spade solo come armi da fianco…ovviamente i soldati nemici contro i quali volevano prevalere non solamente erano armati allo stesso modo ma tendevano oltretutto fastidiosamente a muoversi piuttosto che rimanere in posa statica; si deduce quindi che lo scopo immediato del tameshi-giri sui cadaveri era unicamente quello di testare la qualità delle lame e l'abilità fisica nel loro uso, in quanto tagliare cadaveri privi di armatura è sicuramente diverso che cercare di tagliare bersagli corazzati che si stanno effettivamente muovendo, i quali cercano a loro volta di fare lo stesso su di voi. In questo senso sembra più ragionevole supporre che il tameshi-giri durante il periodo pre-Sekigahara era per lo più eseguito come un allenamento psicologico per superare la paura di tagliare esseri umani vivi nei campi di battaglia; probabilmente tale pratica, popolare tra i samurai relativamente benestanti, era anche forse qualcosa di simile alla caccia sportiva - anche se chi ama la caccia sportiva non ha più bisogno di cacciare il cibo per sopravvivere si gode ancora l'attività come parte di un esercizio fisico e mentale. Dalla metà del 1700 al 1876, nell’era del declino dei samurai, lo scopo immediato si sarebbe trasformato da una prova delle abilità mentali e fisiche (ora vista come crudele e disumana) a quello di testare la qualità delle spade; dopo le prove effettuate da parte dei suemono-shi venivano orgogliosamente registrate sul codolo della lama (nakago) tutte le indicazioni risultanti del test: quanti cadaveri la lama era riuscita a tagliare, la parte del corpo che era stata oggetto del taglio e quanto efficacemente. 

Per i membri della classe dei samurai il sentimento collettivo e lo spirito marziale del guerriero erano estremamente importanti, oltre ad essere dei guerrieri professionisti essi rappresentavano infatti la classe dirigente del paese e le loro spade erano la simbolica raffigurazione del loro spirito marziale: dovere, responsabilità e obbligo; la pratica del tameshi-giri simboleggiava quindi chiaramente il loro sforzo per mantenere l'”onorevole spirito marziale”, la corretta attitudine ed il giusto approccio mentale; l’esecuzione sui cadaveri di criminali simboleggiava inoltre il loro essere classe dirigente rappresentando l'autorità militare e la giustizia penale, svolgendo così la funzione di stabilizzazione dell’ordine sociale; non è difficile immaginare infatti che il tameshi-giri esibito in pubblico avesse effetti deterrenti sui criminali, o potenziali tali. Una volta terminato il periodo belligerante con la battaglia di Sekigahara il nuovo Shogunato tentò di ripristinare l'ordine e la stabilità sociale enfatizzando la lealtà, i doveri e le responsabilità della classe dei samurai, ponendo contemporaneamente molta enfasi sull'impatto educativo e morale delle arti marziali per la classe guerriera; durante questo periodo la popolarità e la diffusione del tameshi-giri deve aver anche svolto una funzione latente di valvola di sicurezza attraverso la quale le nuova generazioni di samurai potevano sfogare le loro frustrazioni mantenendo la loro identità sociale collettiva di classe guerriera…oltre ad avere una funzione latente di intrattenimento. 

La nozione di tameshi-giri eseguita come legittimo elemento della giustizia penale è ben evidenziata in molti documenti storici scritti tra la metà del 1600 e l'inizio del 1800 (ad esempio nelle provincie di Aizu XVII - XIX sec., Fujita 1870, Hachiya 1814, Kodera 1724, Nara XVII - XIX sec.), i quali descrivono le procedure ed i dettagli specifici, rituali e formali, delle pubbliche esecuzioni; sembra peraltro che nel sistema giudiziario del periodo Edo questa fosse stata la norma piuttosto che un’eccezione (almeno fino alla fine del 1700 inizio 1800) ed i cadaveri dei criminali giustiziati, a meno che non ne fossero per qualche motivo esentati, venivano sempre usati come strumento per le prove di taglio in quanto parte stessa della pena capitale.

A partire dalla metà del 1700 lo shogunato ed i governi provinciali iniziarono a modificare le leggi penali per stilare un elenco di esenzioni per tale pratica: in base alla classe sociale, al genere dei criminali, oppure alla gravità dei crimini che avevano commesso; tra la fine del 1700 e l'inizio del 1800 lo shogunato Tokugawa oltre a diversi governi provinciali emisero quindi alcuni divieti compilando formalmente le seguenti categorie:

1)    Samurai o clero - nelle giurisdizioni dello Shogunato;

2)    Donne criminali - nelle giurisdizioni delle province di Shogunate, Owari e Takasaki;

3)    Criminali condannati per omicidio colposo invece che di omicidio premeditato - nella giurisdizione della provincia di Hiroshima;

4)    Criminali che hanno malattie cutanee visibili - nelle giurisdizioni dello Shogunato ed in molte province.

Nel 1600 la classe dei samurai aveva ancora mantenuto una forte mentalità da classe guerriera, ed aveva quindi anche cercato di mantenere le abilità marziali necessarie per il suo ruolo primario; sebbene ci siano pochi riferimenti nelle fonti storiche antecedenti al periodo Edo (1603-1867) è chiaro che all'inizio del 1600 tale pratica era già sancita come un mezzo approvato per testare la qualità delle spade.

Durante la prima fase del periodo Edo molti samurai di alto rango, compresi i daimyo, erano effettivamente impegnati nella pratica di o-tameshi in quanto nella loro sottocultura di classe guerriera era considerata una pratica assolutamente legittima e necessaria.

Alcuni dei daimyo documentati nei documenti storici per aver eseguito o-tameshi su criminali vivi o cadaveri includono:

1.    Tokugawa Yorinobu, figlio di Tokugawa Ieyasu e primo signore della provincia di Kii (Miura, XVII sec.; Shogunato Tokugawa,XVII sec.);

2.    Tokugawa Yorifusa, un altro figlio di Tokugawa Ieyasu e primo signore della provincia di Mito (Tokugawa Shogunate, XVII sec.);

3.    Tokugawa Mitsukuni, figlio di Tokugawa Yorifusa e 2° Signore della provincia di Mito (Tokugawa Shogunate, XVII sec.);

4.    Nabeshima Naoshige e Katsushige, i Signori della provincia di Saga, padre e figlio (Yamamoto, 1716);

5.    Honta Masakatsu, il Signore della provincia di Kohriyama (Tokugawa Shogunate, XVII sec.);

6.    Hosokawa Tadatoki e Tadatoshi, i Signori della provincia di Kokura, padre e figlio (provincia di Kokura, 17c-19c; Shogunato Tokugawa, XVII - XVIII sec.);

7.    Horie Tadaharu, il signore della provincia di Matsue (Neiko-sai, 1600).

Nonostante gli sforzi dei samurai per cercare di mantenere il loro spirito e la loro identità marziale il lungo periodo di pacificazione del paese, complice anche l'ondata civilizzatrice, iniziarono chiaramente ad influenzare la mentalità collettiva quotidiana ed i costumi; i samurai non erano oramai più la vera classe guerriera ma si erano per lo più trasformati in una classe avvantaggiata di burocrati governativi. Dai volumi tenuti dallo shogunato Tokugawa nel XVIII sec. si apprende che a causa della oramai svanita esigenza da parte dei samurai di mantenere le proprie caratteristiche di casta guerriera gli o-tameshi dalla metà del 1700 non erano più molto popolari; durante questo periodo di declino iniziarono a comparire “testatori” di spade professionisti (non i normali carnefici) chiamati "otameshi-geisha" o "suemono-shi", ovvero samurai di rango inferiore con riconosciute abilità nell'arte della spada, i quali eseguivano gli o-tameshi per conto di samurai di alto rango. Verso la metà del 1700 lo shogunato Tokugawa e i suoi Osaka e Nara Bugyo-sho (cioè gli uffici del magistrato distrettuale), così come i governi provinciali di Aizu, Owari, Saga e Satsuma (di cui alcuni signori erano stati famosi per aver praticato o-tameshi fino alla metà del 1600), iniziarono tutti ad assumere un incaricato otameshi-geisha (o suemono-shi) professionale per testare le spade dei samurai di rango elevato al posto di questi ultimi.

Un aspetto in cui permane spesso una convinzione incorretta è quello relativo all’interrogativo sei gli hinin, carnefici del ceto sociale più basso (hinin letteralmente significa "non umano"), eseguissero o meno tameshi-giri; ciò è causato usualmente da due preconcetti: il primo è dettato dalla consapevolezza che alla fine del 1700 molti samurai di rango superiore avevano smesso di eseguire o-tameshi l'altro motivo è che questi venivano usati come inservienti negli istituti penitenziari. Per quanto indicato dai documenti storici anche dopo che la pratica del tameshi-giri era stata considerata incivile e disumana la decapitazione ed il taglio dei cadaveri per testare la qualità delle spade erano ancora condotti, ed effettivamente eseguiti, da professionisti e mai per mano degli hinin; questi ultimi venivano piuttosto usati come assistenti per il trasporto, lo spostamento, e la sistemazione sul Dodan dei cadaveri, nonché come inservienti per ripulire il terreno. A parte quanto evidenziato dai documenti c'erano almeno due ovvie ragioni per cui i samurai non avrebbero mai permesso al rango più basso della casta di testare e maneggiare le loro preziose lame: uno è l'esistenza di requisiti legali piuttosto rigorosi e dettagliati imposti dallo Shogunato e dai governi locali per la corretta procedura dei suddetti rituali, l’altro perché venendo eseguito il tameshi-giri come parte integrante della legittima procedura di giustizia penale (ovvero come punizione aggiuntiva oltre alla semplice esecuzione) era sottoposto a delle regolamentazioni le quali indicavano chiaramente che gli effettivi esecutori potevano essere solamente samurai qualificati, attraverso l’osservanza di specifiche procedure del rituale.

Coloro che effettivamente erano autorizzati ad eseguire la decapitazione di criminali effettuando la pratica del tameshi-giri potevano quindi essere:

a)    la classe dei doshin samurai (vale a dire gli ufficiali di giustizia penale di grado più basso) che venivano ritenuti abili nell'uso della spada;

b) professionisti “suemono-shi” (tester di spade “freelance” ma comunque membri della classe dei samurai) commissionati dalla magistratura oppure direttamente dai possessori delle spade da testare.

L'altra ragione per cui ai membri della classe hinin non poteva essere permesso di maneggiare le spade era il significato simbolico di queste ultime per la classe dei samurai: in molti casi le spade da testare erano cimeli di famiglia oppure premi conferiti a seguito di incarichi speciali o per innalzamenti di rango, rappresentando quindi lo status sociale ed identitario del proprietario. Le spade da testare venivano quindi consegnate prima al bugyo ('ufficiale del magistrato capo), poi allo yoriki (il vice capo), ed infine ai doshin o suemono-shi professionisti che eseguivano materialmente le esecuzioni; mai però nelle mani degli assistenti di una classe sociale più bassa. Nonostante il fatto che la maggior dei testatori avevano un grado relativamente basso nella gerarchia burocratica e di stratificazione sociale della classe samurai questi praticavano spesso nelle scuole di suemono-giri (cioè specializzate nel taglio di bersagli fissi proprie allo scopo del tameshi) le quali avevano studenti interamente dedicati a perfezionare le abilità di suemono-giri; nel momento in cui le spade da testare fossero state di proprietà di samurai di rango elevato i possessori di queste lame preziose non si sarebbero infatti fidati di consegnare cimeli della loro famiglia (oppure preziosi premi) nelle mani di “tester” inesperti. Uno dei primi professionisti tameshi documentati all'inizio del periodo Edo - Nakagawa Saheita Shigeyoshi - era un samurai di alto rango della classe hatamoto (cioè un ufficiale incaricato della forza militare di Shogun) con la proprietà di 1200 koku (cioè barili di riso all'anno) nel suo possedimento.

Per quanto riguarda l’aspetto economico gli stipendi nel periodo Edo non erano alti; tranne pochissimi casi come Nakagawa Saheita, il suo allievo Yamano Kanjuro/Kaemon (cioè l'insegnante della prima generazione Yamada Asauemon), ed il famoso Yamada di prima generazione il "Kubikiri" Asauemon (non però le generazioni successive di Yamada Asauemon) tutti sembravano aver ricevuto stipendi relativamente modesti e gradi ufficiali non così prestigiosi, anche se la loro professione veniva comunque molto rispettata. In combinazione con il calo generale della domanda alcuni eredi delle scuole di arti marziali si impegnarono nella creazione di medicinali estraendo alcune essenze biochimiche dai reni dei cadaveri usati per il tameshi-giri, grazie a questa attività familiare secondaria come farmacista la famiglia Yamada aveva ad esempio mantenuto una certa ricchezza fino alla fine del periodo Edo, anche se rimasero dei ronin (cioè samurai che non avevano un particolare signore padrone né possedevano alcuna posizione amministrativa permanente negli uffici governativi). La famiglia Yamada continuò il suo monopolio di testatori di spade su commissione per lo Shogunato fino alla Restaurazione Meiji, quando il nuovo atto di registrazione attuato dal Il governo imperiale nel 1873 sostituì il vecchio sistema di incarichi del periodo Edo basato ancora sulle quattro classi (samurai, agricoltori, artigiani e commercianti); l'ottava generazione, Yamada Asauemon Yoshitoyo ed il suo giovane fratello Yoshifusa, divennero entrambi ufficiali penitenziari nella capitale Tokyo anche se vennero entrambi registrati come Heimin (gente comune) e non “Shi-zoku” (una nuova categoria sociale creata per la vecchia classe dei samurai) in quanto non possedevano alcun grado ufficiale negli uffici del vecchio Shogunato. Come già menzionato non sempre i testatori di spade avevano a disposizione il "vero" strumento di prova (ovverossia i cadaveri) per il loro addestramento quotidiano, non è difficile pertanto immaginare che coloro che si erano specializzati in quella attività praticavano principalmente le loro abilità di suemono-giri tagliando altri obiettivi normalmente disponibili, come fasci di paglia di riso imbevuti d'acqua, stuoie di paglia arrotolate o bambù che approssimano il peso e la densità della carne umana. 

Oggi le scuole di spada giapponese che enfatizzano al loro interno anche le applicazioni pratiche introducono la moderna nozione di tameshi-giri come una prova di abilità, nonché come mezzo per perfezionare la propria perizia nello svolgere la funzione manifesta dell’uso di una spada, in questo caso i significati di tameshi-giri e suemono-giri sono ovviamente diversi da quelli che significavano per la classe dei samurai nell'era feudale giapponese. Nell’attuale definizione delle arti marziali, sebbene ogni Scuola di spada possa porre un'enfasi ed un'interpretazione leggermente diverse, la pratica del tameshi-giri si riferisce principalmente alla “prova di taglio di un bersaglio comunemente disponibile (che si suppone simulare carne e ossa umane) per valutare le abilità dello spadaccino e come mezzo per sviluppare abilità adeguate a tagliare con le tradizionali spade giapponesi.” L'unica eccezione a queste moderne nozioni, dove il termine tameshi-giri si riferisce ancora alla "prova della qualità delle spade", è la situazione in cui fabbri di spade (o praticanti di arti marziali da loro incaricati) testano la qualità delle lame prima che queste vengano inviate ai nuovi proprietari.

Nonostante l'uso moderno e diffuso del termine tameshi-giri nella comunità delle arti marziali la parola, come è definita nei moderni dizionari giapponesi, porta ancora le vecchie nozioni di "prova delle spade" e "l'uso degli esseri umani come mezzo di taglio.” A causa della sua mutazione storica, per evitare di generare confusione in merito ai significati simbolici e sociali implicati e chiarire i suoi scopi immediati (ovverossia se usato per testare le abilità degli spadaccini oppure la qualità delle lame), sono state a volte introdotte altre terminologie. Secondo Toshishiro Obata, un discendente di samurai e capo maestro di una scuola di arti marziali giapponese con sede in California, tameshi-giri può essere diviso in due sottocategorie in base ai suoi scopi immediati come allenamento:

-       metodo "Shi-zan" significa la prova dell'abilità dello spadaccino attraverso l'uso di bersagli come fasci di paglia di riso imbevuta d'acqua, stuoie di paglia arrotolate o bambù.

-       metodo "shi-to" significa la verifica della qualità di spada attraverso l'uso di bersagli più duri tra cui bambù di grosso spessore e, possibilmente, antichi elmetti d'acciaio.

In quest’ultimo caso, testando sia la qualità della spada che l'abilità dello spadaccino su di un elmo, si ritorna agli scopi originali tameshi-giri come comportamento sociale di una pratica guerriera.

Se il taglio di un antico elmo in acciaio è visto come un mezzo per onorare e mantenere lo spirito marziale della vecchia classe guerriera questi può anche essere visto come il ritorno di un significato simbolico e come consuetudine culturale per mantenere viva l'identità del samurai, nonostante le funzioni del tameshi-giri e del suemono-giri come struttura sociale siano oramai scomparse da tempo.

…peccato.