Ki - Ken - Tai

KI KEN TAI O L’UTILIZZAZIONE DEL PROPRIO POTENZIALE AL 100%

di Malcom Tiki Shewan     

Se mi ponessero la domanda – quale potrebbe essere il più fondamentale principio che dovrebbe essere assimilato da un praticante desideroso di migliorare nel Budo? Io risponderei senza esitare: “il concetto di Ki – Ken - Tai”. Del resto il mio amico Pascal Krieger ed io siamo d’accordo nell’affermare che all’incirca il 90% delle correzioni che possiamo fare ai praticanti del Budo nella loro pratica, rilevano degli elementi provenienti dal Ki-Ken-Tai e che, una volta corretti, possono migliorare la tecnica del 100%. Più semplicemente ho tradotto questa idea con – l’Unità dell’Energia Incanalata dello Strumento e del Corpo.

Durante un’azione esterna e per mezzo di uno strumento l’essere umano è completamente unito, spiritualmente e fisicamente, realizzando perfettamente il suo potenziale. Per l’Aikido l’unità del corpo e dello spirito è un elemento assolutamente indispensabile nella pratica ma questa unità può essere scoperta dal praticante con più facilità nel momento in cui prende coscienza di una terza dimensione, quella dello strumento nelle proprie mani. Da qui penso l’importanza di praticare con le armi- in questo caso con il Ken. Tuttavia, sebbene la frase Ki-Ken-Tai utilizzi la parola “Ken (spada)” per esprimere questo concetto nello specifico, il Ken può rappresentare l’idea di Strumento. E lo strumento nelle mani dell’essere umano può cambiare senza tuttavia modificare l’applicabilità del Ki-Ken-Tai. Così, il “ken” dell’artista sarà il suo pennello, per il musicista il suo strumento musicale, per il cavaliere il suo cavallo, per lo sciatore i suoi scii, ecc. In questo modo è evidente che questa idea non è limitata solamente ai praticanti delle “Arti Marziali” ma si estende a tutti i campi della vita umana.

L’uomo

Nel mondo animale l’essere umano si distingue grazie a caratteristiche uniche del suo genere. Tra di esse me ne vengono in mente sempre due che nonostante la loro semplicità e perspicuità, mi sembrano d’importanza primordiale per la nostra espressione di equilibrio, di armonia integrata, ed inerenti in quanto umane:

  • l’Uomo ha scelto di stare in piedi su i due arti posteriori tendendosi in questo modo dalla terra verso il cielo. Questa relazione cielo-uomo-terra è di sovente evocata in molte espressioni spirituali e/o filosofiche dei Budo orientali;
  • L’Uomo usa uno strumento. E’ il solo essere nel mondo animale ad aver appreso ad utilizzare un’utensile più o meno complesso, per effettuare un lavoro più o meno complicato. Questa caratteristica dipende forse dal fatto che stando in piedi ha le mani libere per fare altre cose. Comunque non riesco veramente a pensare che il fenomeno sia così semplicistico -  una specie di “non sapendo cos’altro fare delle sue mani se non lavoricchiare ???” . No, io preferisco credere a delle origini meno “accidentali”.

Ki-Ken-Tai è caratteristico dell’Umanità e il suo perfezionamento è la nostra eredità.

E’ interessante e necessario osservare i kanji individualmente, ma non bisogna dimenticare che è l’insieme dei tre caratteri che esprime l’idea. Non si può forzatamente comprendere il concetto finale definendone semplicemente i singoli elementi – questi si trasformano per divenire un’idea che trascende le sue componenti. E’ un pò come il rapporto tra tre colori semplici e la tinta finale.

KI - L’Energia dell’Universo Vivente

Nella pratica delle “Arti Marziali” ci giungono centinaia di storie su questo “misterioso potere” – il Ki o Ch’i secondo i cinesi. Si sente parlare di maestri capaci, grazie a questo potere, di proiettare degli avversari molto più potenti di loro o anche di resistere a dei colpi senza il minimo danno. Uccidere un uccello in pieno volo attraverso un grido pieno di questa forza o guarire qualcuno ferito o colpito da una grave malattia è stato il soggetto di un buon numero di aneddoti. Per il praticante d’Aikido, questa parola è presente dappertutto – AikiKiaiKi-awaseKi no Nagare, ecc. Tutto questo lascia al praticante un’impressione di imprecisione piuttosto che di definizione esatta, ma sarà nientemeno convinto che è qualcosa di grande importanza. Colui che esamina un po’ la lingua corrente giapponese scoprirà una sovrabbondanza di utilizzazioni:

  • Kimochi - buone vibrazioni
  • Kiryoku - vitalità
  • Kika - vaporizzazione
  • Kifu - disposizione, carattere
  • Kichigai - la follia
  • Kikan - trachea
  • Kiutsu - melancolia
  • Kishö - metereologia, clima
  • Kigai - coraggio, self-respect

Nel mio dizionario di base ci sono circa 175 parole correnti che cominciano con il carattere Ki ! Questo carattere può riferirsi a cose banali così come a delle cose “sacre” e misteriose (per es. Kikon – gli spiriti dei morti). Questo non include né le parole dove il carattere figura in radicale alla fine o in mezzo né, ancora, le frasi sfumate il cui senso è determinato da un’utilizzazione razionale. E’ un termine vasto! Lo sguardo pittografico classico ci fornisce un’immagine ricca: due radicali legati – il riso e il vapore. Quindi una specie di forza plastica, generata al momento del processo di cottura del riso che, in essa, è invisibile se non attraverso gli effetti che si osservano. In maniera pragmatica e semplice: è la forza della vita – ciò che fa sì che l’Universo e tutte le cose dell’universo vivano o esistano. E’ un po’ simile alla nostra visione dell’elettricità – tutti la conoscono bene per quello che è capace di fare ma nessuno sa cos’è precisamente. Si concepiscono gli “elettroni”, si schematizza il loro movimento, ma gli schemi non spiegano ciò che sono. Così ci troviamo con un “qualcosa” che possiede un’unità di “carica” e che abbiamo creato per fare dei calcoli. Qualcuno ha tentato di spiegare il Ki negli stessi termini dell’elettricità. Questo non ci porta più vicino ad una definizione concreta. L’esperienza e il vissuto personali ci daranno la comprensione migliore. Ogni essere umano possiede la sua dose di “Ki” che quando svanisce ci fa ritornare polvere. La cosa interessante è che esistono dei modi per generare questo potenziale, delle maniere differenti che sono state scoperte dagli uomini del passato. Fra tutti questi approcci il più fondamentale consiste nell’armonizzare in modo funzionale il Ki con il suo involucro, ossia il corpo – Tai. L’Uomo possiede questa capacità e la volontà di compierlo. Questo costituisce l’inizio della Via – Do (Michi).

Tai – la Sostanza Riunita

Questo carattere è molto concreto e indica semplicemente il corpo di qualche cosa, la sua “sostanza” materiale. Penso che non è necessario elaborare più a lungo questa definizione se non per dire che concettualmente Tai sembra occupare l’opposto dello spectrum di Ki. Qui sopra Kiryoku indica la vitalità di qualcuno mentre Tiryoku indica la forza fisica oppure Tei-iku, l’educazione fisica o la ginnastica. Inoltre possiamo percepire tra queste idee una complementarietà molto forte. Non hanno senso l’una senza l’altra. Che forza avrebbe il corpo senza la sua forza vitale? Oppure: che senso avrebbe la “vitalità” dispersa attraverso l’universo senza il corpo, la sua “sostanza/collettore”? Quando uno è troppo squilibrato in rapporto all’altro ci si ammala, ecc.

Ken – Il doppio taglio

Il carattere per “spada” – Ken (anche detto Tsurugi) – possiede due radicali.

I due tratti a destra del kanji che lo compongono indicano la lunga lama della spada, mentre il carattere a sinistra vuol dire “combinare”. Considerando questi tratti come un tutt’uno – il simbolo della lama a doppio taglio – percepiamo qualcosa di più che un semplice “grande coltello”. Il Ken è uno dei tre tesori sacri che vengono associati alla creazione mitologica della Nazione Giapponese – il Ken, lo Specchio e il Gioiello (Magatama). In tutte le civilizzazioni si è concepita la spada come simbolo del giudizio e della giustizia anche se in molti anni mi sono accontentato dell’immagine della statua che vedevo davanti al palazzo di giustizia. Non vi rifletterò più a lungo. La Natura è un processo dinamico continuo. Il suo movimento incessante costituisce l’esecuzione perfetta della Legge dell’Ordine dell’Universo. Tutte le cose, tutti i fenomeni, tutti gli esseri, seguendo questa legge dell’universo sono allo stesso tempo gli “amministratori” di questo ordine. Le piante verdi convertono il sole e il diossido di carbonio; maschio e femmina si attirano, si uniscono e si riproducono; l’elettricità passa da una polarità all’altra; gli atomi della materia si legano, si attirano, si respingono e si combinano; le forze magnetiche si orientano in modi differenti; le maree salgono e scendono sotto l’attrazione dei corpi celesti; noi respiriamo, il nostro cuore batte, ecc. ad infinitum. Tutte queste cose, questi fenomeni, questi esseri, (de par: per la volontà, per l’autorità di) attraverso la forma dei loro movimenti fanno costantemente appello alla loro capacità di “giudizio”. In questo senso il giudizio può essere concepito come la struttura del movimento. In questo modo la Natura è la giustizia, poiché l’ordine dell’Universo è sempre “amministrato” attraverso le sue attenzioni (soin: cura, attenzione, riguardo, incarico, ordine, pl. attenzioni, cure). Questa idea può essere illustrata bene dalla parola giapponese “waraku” (comprendere). Il senso letterale del termine è “essere diviso”; il radicale superiore rappresenta “l’uomo” ed il radicale inferiore rappresenta “la spada” (uguale al radicale sinistro di Ken), ossia “l’uomo che taglia”; due parti distinte, separate dall’atto di giudicare, fanno un tutto che forma un tutto, la comprensione (font un tout qui font un tout).

Gli elementi obbligatori per la scoperta di Ki-Ken-Tai

Talvolta si pensa che il concetto di Sei-ryoku Zen-ryo (la buona utilizzazione della giusta forza o la massima efficacia con il minimo sforzo) è più o meno simile alla nozione di Ki-Ken-Tai. In realtà è l’inverso. Ki Ken Tai vi permette, come effetto secondario, di scoprire la migliore utilizzazione delle sue forze. Detto questo vi è un certo numero di principi fondamentali che lo studente deve mettere in pratica per permettere alle tre componenti del suo individuo di combinarsi perfettamente e armoniosamente per realizzare una azione in Ki Ken Tai.

Trovare il proprio centro di gravità

Prima di tutto è essenziale creare una sensazione permanente e corretta di un centro di gravità fisico. Questo stato si chiama Shizen-tai o semplicemente la posizione “naturale” del corpo. E’ in questa posizione che si può sentire meglio e localizzare il famoso “Seika-Tanden”, o il punto centrale situato nel basso ventre così importante nel pensiero orientale essendo il “centro fisico e spirituale” dell’essere umano. E’ utile ricordare che il praticante non dovrà solamente localizzarlo ma dovrà apprendere a viverci in permanenza grazie alla pratica del BudoSe una disciplina come l’Aikido ci porta a questa capacità, tutti gli anni di studio e di sforzi che si consacrano saranno largamente giustificati e le nostre vite quotidiane cambieranno grazie a questo apporto di conoscenza.

Esercizio 1:

  • state in piedi, le braccia lungo il corpo e i piedi all’altezza delle spalle.
  • Immaginate un filo di piombo sospeso alla volta cranica in mezzo al corpo e il cui piombo si situa all’interno del vostro bacino. Trasferite il vostro peso, facendo sempre attenzione all’equilibrio del corpo, sui vostri talloni. I piedi restano appiattiti a terra.
  • Cercate di sentire dove si situa il peso del vostro filo a piombo immaginario – si deve sentire la netta sensazione che il piombo tocchi la colonna vertebrale dietro il corpo. Sebbene ci troviamo indietro con il corpo, non si ha una sensazione di cattivo equilibrio fisico.
  • Ora trasferite il vostro peso verso la punta dei piedi (in lingua inglese si dice “the ball of your feet”). Qui la sensazione deve essere come se si dovesse far scivolare un foglio di carta sotto i talloni. Non si deve mai avere una sensazione di squilibrio.
  • Cercate di sentire dove si trova ora il piombo del vostro filo immaginario – si deve avere la netta sensazione che il piombo si situi in avanti del bacino, dentro il basso ventre. In questa posizione si è trovato semplicemente “shizen-tai” -  la posizione “naturale” del corpo umano in piedi. Così possiamo dire che ogni parte del corpo è al suo posto – il davanti è davanti, il dietro è dietro ecc. ecc. Nella prima parte di questo esercizio il davanti non è situato ne troppo avanti ne troppo indietro. Noi sappiamo che la postura fisica dell’individuo ha delle ripercussioni sul suo stato fisico. Così, si scoprirà che la corretta posizione “shizen-tai” che ci ha permesso di trovare un equilibrio e un centro di gravità corporale stabile, è pronta in qualsiasi momento a iniziare un movimento dinamico. In questo modo possiamo sentire una vera estensione, energetica e mentale, verso avanti e l’esterno. Quando si trova questa postura verticale dove si dice spesso che l’Uomo è “al centro dell’universo”, si parla di “Sei-Chu-Sen”, letteralmente “il cammino diritto nel mezzo”. La vostra capacità di possedere il vostro centro di gravità in ogni momento, in tutte le circostanze, così come durante un movimento dinamico che nell’immobilità, è una condizione sine qua non per poter realizzare Ki Ken Tai.
  • Mettetevi in posizione di guardia – San Kaku Tai (Hito e Mi) mantenendo l’equilibrio che stiamo scoprendo. Shirata Rinjiro – Hito e Mi.

Stabilire un giusto contatto tra le mani e la spada – Te no Uchi

Precedentemente abbiamo stabilito il giusto contatto tra l’uomo e la terra. Ora l’uomo è capace di stare in piedi tra “Cielo e Terra” – Ten-chi-Jin, e ricopre il primo ruolo che lo distingue come un Essere-Umano. Usare, tenere, fabbricare l’utensile è un’altra dimensione della propria umanità che si ha il bisogno di apprendere per perfezionarsi. Vorrei citare un estratto che penso esprima questo concetto molto bene: “Comprendere l’Essenza della mano esige di liberarsi di una concezione di essa che ne fa un semplice strumento di precisione”. La mano in effetti testimonia un modo specifico di presenza al mondo, ed è per questo, dice Aristotele, che è propria dell’uomo. L’uomo non avanza nel mondo, armato e con l’elmo, ma nudo. L’intelligenza, essendo un ascolto del mondo (une écoute du monde), è allo stesso tempo il segno della nudità propria dell’uomo. Attraverso essa l’uomo è esposto al mondo in ogni istante della sua vita. A differenza dell’animale egli non vive nella comodità di un ambiente al quale sarà sempre già adattato. Sprovvisto d’istinto il suo luogo è la totalità del mondo. La mano per prima è testimone di questa esposizione dell’uomo al mondo. Non avere che le mani significa per l’uomo avere la possibilità di diventare tutto. Nel suo libro su “L’ambiente degli animali” Aristotele sottolinea che per l’uomo, il non avere un’arma particolare, significa potersi disfare della propria arma, di cambiare e alla fine potersi appropriare di tutte le armi. Potendo divenire tutto la mano è l’espressione dell’universalità che caratterizza l’uomo. Attraverso essa e in essa l’uomo può appropriarsi di tutto. Essa rifugge tutte le funzioni particolari perché essa non è un organo particolare, ma l’organo di un organo…”

Estratto dal libro: “L’anima e la mano”, Emmanuel Housset.

In che modo quindi si tiene concretamente una spada?

Ci sono due modi principali per tenere una spada in mano nella pratica di un Budo come l’Aikido. Nel primo modo lo strumento resterà un oggetto tenuto e mosso attraverso le mani. Nel secondo modo, che qui ci interessa particolarmente, il modo di tenere la spada permette a quest’ultima di diventare l’estensione stessa del corpo del praticante.

Bisogna stabilire una connessione stabile tra lo strumento e la mano che (attraverso il braccio, la spalla e la schiena) si collega perfettamente alle anche (Seika Tanden) che a sua volta sono correttamente legate alla terra. Nel primo caso, direi quello più istintivo, il praticante avrà la tendenza ad afferrare lo strumento senza l’idea di “fare corpo” e in direzione perpendicolare all’oggetto. Nel Budo questo modo di tenere è spesso chiamato “Gyakute” o “il modo della mano opposta”. Si può notare nelle illustrazioni qui sotto che l’avambraccio forma un angolo retto con il Ken. In questa posizione la spada non è che uno strumento nella mano; l’uomo sarà piuttosto staccato dall’oggetto e da quello che fa con esso. E’ necessario imparare e dominare un altro modo di tenere la spada per permettere la scoperta di questo principio. Quest’altro modo di tenere la spada si chiama “honte” o “il modo sorgente della mano”. (Certi sistemi utilizzano parole differenti per indicare “honte” e “gyakute”, ma qui utilizzeremo solo questi due termini che si distinguono per la loro sobrietà e semplicità). Tuttavia bisogna notare che il praticante che domina bene il Ki ken Tai avrà la libertà di tenere il suo strumento in diversi modi senza interrompere l’unione Corpo-Strumento-Intenzione. In questo caso la presa in “gyakute” è perfettamente vitale e utile.   

Come tenere correttamente con “Honte

La parte della mano che rappresenta realmente la connessione con il resto del corpo si situa nella parte “talon” del palmo. Questa parte della mano deve essere fermamente “giunta” alla spada (o un altro strumento) se si desidera trovare una presa che conduce alla realizzazione dell’unione “Tai-Ken”.

Talon della mano

Per una buona esecuzione abbiamo bisogno prima di tutto del dito mignolo, quindi dell’anulare e, infine, del medio. È interessante notare (’illustrazione qui sotto) che solo il mignolo è capace di mantenersi in posizione e che, per questo, richiede un’applicazione potente e precisa che sarà rinforzata dalle altre due dita.

Mettersi in posizione

  • mettete la vostra mano destra a plat sul dorso del vostro bokken (spada di legno) come nell’illustrazione.
  • Quindi mettete il mignolo a l’aplomb du talon della mano senza stringere con quest’ultima, evitando così di perdere il contatto e l’allineamento centrale con il talon della mano. Questo è di primaria importanza e deve essere scrupolosamente eseguito se si desidera sviluppare una posizione corretta.
  • Quindi collocate saldamente le altre due dita (l’anulare e il medio) rinforzando la posizione del mignolo. L’indice e il pollice prenderanno naturalmente la loro posizione ma starete attenti affinché restino decontratti senza d’altro canto aprirsi. Devono essere come nell’illustrazione (vedere l’illustrazione qui sotto).
  • Per la mano sinistra: mettere l’estremità del Ken in contatto come per la mano destra ma con l’estremità del Ken (Kashira: impugnatura) leggermente in avanti rispetto al talon della mano come nell’illustrazione.
  • Procedete come per la mano destra tenendo il mignolo, l’anulare e il medio come spiegato sopra senza stringere con tutta la mano.

  • Mettete le due mani sulla spada rispettando allo stesso tempo la posizione delle mani ottenuta come sopra indicato.
  • Ora che abbiamo stabilito la presa della spada possiamo metterci in posizione di guardia pienamente uniti, il corpo nel giusto contatto con il suolo e la spada in giusto contatto con il corpo. L’integrità della posizione del corpo rispetta sia la posizione verticale/orizzontale che l’estensione verso avanti.

Guardate attentamente le foto di O’Sensei Ueshiba in Kamae con il bokken. Quando si comprende, attraverso la pratica, la nozione di Ki KenTtai queste foto mostrano l’integrazione totale di questi tre elementi.

Integrare la respirazione – Kokyu Awase

Fino ad ora abbiamo visto solamente gli elementi statici del KI ma bisogna ricordare che questo principio deve essere dominato anche nei più piccoli movimenti dinamici. In questo momento cominciano le difficoltà! Nella calma e nella staticità è relativamente semplice sentire il proprio asse verticale, l’equilibrio spostato in avanti e in estensione, mettersi in kamae, prendere la spada con la mano ecc; ma nell’istante in cui facciamo un minimo movimento che attira la nostra attenzione tutto subito si disintegra. Non si vive più il principio! Il catalizzatore che ci permetterà di passare dalla pratica statica a quella dinamica, mantenendo l’unione Ki Ken Tai, è la respirazione – Kokyu.

I piedi in Sankaku-Tai


  • Prendete la posizione di guardia Sankaku-Tai (Hito e Mi) verificando uno ad uno gli elementi visti sopra: Centro di gravità, Sei-chu-Sen (asse verticale), centramento orizzontale verso avanti, gli avanpiedi dinamici, le mani correttamente poste sul Ken, la decontrazione generale del corpo emanando sempre vitalità, la spada tenuta in Seigan (in estensione verso gli occhi), ecc.

Ryo Te-no-Uchi

  • Stabilite una respirazione calma, lenta, regolare e naturale. In un dato momento, non appena sentite il ritmo naturale della vostra respirazione, lasciate partire la spada verso l’alto assieme all’inspirazione senza cambiare nulla nella vostra postura (mani comprese). Abbiate la sensazione di dirigere la punta verso il cielo. Dovete anche avere la sensazione che tutto il corpo partecipi – partendo dai piedi – a questa estensione verso il cielo. Qui è molto importante non cambiare la posizione delle mani sulla spada – si deve mantenere il contatto “honte” durante tutto il movimento.
  • Lasciate la spada scendere tagliando (senza aggiungere forza o velocità) assieme alla vostra espirazione. Qui avrete la sensazione di ritrovare nuovamente un radicamento del corpo intero alla terra (par rapport a la terre).

Conclusioni

Attraverso questi semplici esercizi abbiamo messo in pratica gli elementi fondamentali che ci permettono di realizzare un movimento che rispetta il principio di Ki Ken Tai :

  • La centratura dell’individuo;
  • Il giusto equilibrio del corpo;
  • La percezione del Seika-Tanden;
  • L’estensione di se stessi verso l’esterno;
  • Il contatto corretto tra l’individuo e la terra;
  • Il contatto corretto tra le mani e lo strumento;
  • La coordinazione della respirazione con il movimento. 

Ci sono altri fattori che posso essere tenuti in considerazione ma questi appena citati sono i più importanti. Bisogna sempre ricordarsi che è necessario perfezionare questo lavoro attraverso una pratica assidua e regolare della disciplina. Una volta reso vitale il Ki Ken Tai in se stessi, esso sarà applicabile a tutte le attività della propria vita.KI KE