Forgiatura della spada giapponese

 

La spada giapponese viene forgiata per stratificazioni di ferro acciaioso con tenore di carbonio diversificato. Lo spadaio inizia il processo di forgiatura (Kitae) partendo da un nucleo di ferro con elevata percentuale di carbonio (più dell’1%) risultato dalla fusione di materiale ferroso nelle fornaci di tipo Tatara. Queste fornaci di origine continentale risalgono almeno al VI sec. In Giappone si è cominciato a ripristinarle, nelle loro forma originaria, a partire dal 1970. Il minerale introdotto nel Tatara è prevalentemente sabbia ferrosa; la temperatura raggiunta dalla fornace si aggira attorno ai 1200° – 1500° C ed è ottenuta bruciando carbone di quercia e pino.
Alla fine del processo di fusione, che dura alcuni giorni, il forno viene distrutto e sul fondo si raccoglie un blocco di ferro e di acciaio chiamato Kera, con un tenore di carbonio fino all’1,5%. Altre parti con minori percentuali di carbonio verranno utilizzate durante la forgiatura della spada per graduare il contenuto di carbonio degli strati diversificati che compongono la lama.
 I requisiti più importanti di una spada giapponese sono la resistenza a rottura e a flessione, e per giungere a questo risultato si porta a 1000° C una barra di acciaio dolce a basso contenuto di carbonio (0,2 – 0,3%), avvolta in un guscio di acciaio duro ad elevato contenuto di carbonio (0,6 – 0,7%). Il processo descritto, utilizzato per la forgiatura delle spade più comuni, si chiama Kobuse sanmai kitae. Si conoscono almeno 50 tipi di forgiatura per stratificazione che possiamo tuttavia ridurre ad una decina di schemi fondamentali. Il panetto di acciaio con cui saranno costruite le principali superfici esterne della spada viene piegato e martellato ripetutamente (almeno 15 volte). Piegatura e martellatura consentono di eliminare le impurità ed i grani più grossi di carbonio e di conferire alla lama le nuovi percentuali di carbonio desiderate.

  • Cinque piegature producono 32 strati a basso tenore di carbonio; questo acciaio non può essere indurito per immersione in acqua e viene perciò utilizzato per il nucleo interno della spada.
  • Dieci piegature producono 1024 strati, dando origine all’acciaio più duro, adatto ai piatti ed al dorso della lama.
  • Quindici piegature producono 32.000 strati: in una barra spesa circa 2.5 cm, ogni strato viene così ad avere uno spessore molecolare.
  • Ulteriori piegature sono inutili e portano addirittura una perdita del 90% del materiale iniziale.

A seconda della damascatura che si crea (Jihada) la superficie dell’acciaio può essere chiamata: Itame (venatura del legno) – Mokume ((venatura con nodi) – Masame (venatura dritta) – Nashiji (polpa di pera) – Ayasugi (venatura molto ondulata) – Muji (senza venatura). La formazione del blocco stratificato da cui parte la creazione della spada vera e propria si chiama Tsukurikomi, “strutturazione”.

Prima sagomatura (Sunobe)

Lo spadaio allunga il blocco per martellatura continua, scaldandolo costantemente sulla forgia, fino a raggiungere le dimensioni desiderate della spada maggiorate del 10 % circa.

Definizione della lama (Hizukuri)

Dopo aver scaldato la lama fino al colore giallo (1100° C) lo spadaio ne definisce i profili per martellatura – il dorso (Mune) – la punta (Kissaki) – la costolatura (Shinigi) - il filo (Ha saki) – finché la temperatura non cade, scendendo al calor rosso (700° C circa, “rosso ciliegia”). A questo punto il Sunobe viene nuovamente riscaldato sulla forgia e riportato alla temperatura iniziale procedendo quindi nella lavorazione su porzioni di circa 15 cm per volta. Una volta definiti i profili fondamentali della lama lo spadaio conferirà la forma finale al manufatto, utilizzando lime, pietre e pialle speciali.

Definizione del tagliente (Tsuchikori)

Con un impasto di argilla, polvere di carbone, polvere di arenaria e acqua, si ricopre l’intera superficie della lama. Ogni scuola e ogni armaiolo possiedono proprie formule per questo impasto, nel quale l’arenaria impedisce all’argilla di screpolarsi, mentre il carbonio serve a tenere sotto controllo la temperatura durante le fasi successive di riscaldamento e raffreddamento della lama. Lo strato d’impasto viene quindi assottigliato lungo il tagliente creando i caratteristici profili denominati Hamon. A seconda di come viene eseguita la raschiatura dello strato di impasto gli Hamon possono risultare dritti o irregolari. Il termine Suguba indica quelli diritti, mentre il termine Midareba quelli irregolari.

Indurimento del tagliente (Yakiire)

Quando il materiale di copertura si è seccato la lama viene portata al calor rosso (700° C circa) nella forgia finché non è pronta per l’immersione in acqua fredda. Questa operazione richiede da parte dello spadaio la massima perizia e sensibilità ottenibili solo con una lunga esperienza.

Continuazione dello Hamon nella punta (Boshi)

Questo termine si riferisce appunto alla porzione del profilo del tagliente (Hamon) presente nella punta (Kissaki) dopo lo spigolo di separazione tra il Kissaki stesso e la lama, chiamato Yokote. Le dimensioni del Kissaki ed il profilo del Boshi sono tanto caratterizzanti dall’esperto da riconoscere l’armaiolo, la scuola, e l’età della spada, e dunque rappresentano un elemento importantissimo per lo studio del manufatto. Il profilo del tagliente (Ha) nel Boshi assume diversi nomi a seconda della forma: irregolare, a semicerchio grande, a semicerchio piccolo, ecc.

Attività (Hataraki) Nioi e Nie

 Durante l’indurimento del tagliente lo Hamon è prodotto in modo da mostrare le differenze di durezza dell’acciaio - i Nie ed i Nioi sono le particelle che compaiono lungo questa linea di separazione tra le due superfici della lama. I Nie sono relativamente grossi e visibili ad occhio nudo mentre i Nioi sono così fini da non essere immediatamente percettibili; i Nie sono paragonati a stelle che brillano in cielo, i Nioi alla nebulosa della Via Lattea. Alcune formazioni rese più o meno evidenti dal tessuto della spada, definite genericamente Hataraki (“attività”), prendono il nome da soggetti da cui richiamano in qualche modo la forma: es. Ashi (piede), Yo (foglie), Sunagashi (increspature di sabbia) e così via. Quando la superficie della lama ha una predominanza di Nie la spada è definita Nie deki. Questa caratteristica riguarda soprattutto la spade realizzate nel primo periodo Kamakura (1185 – 1332), e più in generale quelle della scuola Sagami. Il termine Nioi deki invece si riferisce alle spade che presentano principalmente formazioni di Nioi. I manufatti della scuola Bizen, successivi al medio Kamakura, e quelli della scuola Bichu Aoe nel periodo Nanbokucho (1333 – 1391) sono caratterizzati dalla predominanza di Nioi .

Riflesso (Utsuri)

Definito impropriamente un “secondo Hamon” si tratta di un effetto presente nella superficie della lama che va dallo Hamon alla costolatura (chiamata Ji) che segue approssimativamente il profilo dello Hamon. Si ottiene portando a temperatura differenziata il tagliente (Ha), il dorso (Mune),  ed i piatti della lama (Shinogi ji). Gli spadai Bizen erano rinomati per questo effetto che solo da pochi anni è stato “riscoperto” ma non eguagliato.

Tempra (Yaki modoshi)

Tolta dall’acqua dopo l’indurimento del tagliente la lama viene rimessa sulla forgia e scaldata fino a 160° C e immersa nuovamente nell’acqua. Questo trattamento diminuisce le tensioni nel tagliente indurito decomponendo parzialmente i grandi cristalli. Il processo di tempra può esser ripetuto più volte.

Assestamento della curva ( Sorinaoshi)

Durante l’indurimento del tagliente il dorso (Mune) si raffredda più lentamente del tagliente stesso (Ha); questo provoca una contrazione della lama di circa 1 cm, che ha l’effetto di aumentare la curvatura della spada. Durante la sagomatura iniziale lo spadaio dovrà tenero conto di questo fenomeno. Per incrementare eventualmente la curvatura si scalda il Mune sopra un blocco di rame arroventato in alcuni punti prestabiliti dopodiché si raffredda in acqua.

Rifinitura del codolo (Yasurime)

Dopo un prima rozza politura generale, intesa ad esaminare la correttezza del lavoro eseguito, lo spadaio rifinisce il codolo della spada (Nakago) tracciandovi sopra dei segni di lima. Ogni scuola ed ogni periodo hanno modi particolari i segnare il codolo: possono essere perpendicolari al codolo, inclinate da sx a dx, o viceversa, con inclinazione molto accentuata, come penne di falco invertire, simile ad una scacchiera, e così via. A politura terminata lo spadaio incide con il bulino la propria firma sul Nakago, in posizione Omote.  Sul lato opposto può venire incisa la data.

Incisioni sulla lama (Horimono)

Le incisioni sulla lama venivano realizzate fin dal periodo Heian (782 – 1184) e avevano significato sia pratico (alleggerimento della lama), che religioso e decorativo. Anche questo elemento è rivelatorio del periodo di fabbricazione, dell’armaiolo e della scuola. I tipi di incisione più frequenti sulle lame sono gli sgusci, che hanno la funzione di alleggerire le lame, ma possiamo trovare anche incisioni di carattere religioso come caratteri sanscriti, immagini del Buddha, un drago avvinto ad una spada, una spada con elsa a forma di vajra indiana, formule d’invocazioni, ecc.

Politura (Togi)

La politura deve rispettare, anzi esaltare, le geometrie della lama, la stoffa dell’acciaio e la damascatura. Le lame giapponesi si poliscono utilizzando una serie di pietre naturali con diverso potere abrasivo. Si inizia con una pietra a grana 150 – poi una a grana 280-320 – una 400-600 – una a 800 ed una a 1200-1500 (per evidenziare lo Hamon) – infine da 3000 a 5000 (per evidenziare i particolari di forgiatura dell’acciaio). La lama viene passata sulla pietra fissa con diverse angolature, ed ogni pietra cancella le tracce della precedente; nella fase finale della politura si utilizzano abrasivi sempre più fini con pietre a spessori minimi (fino a pochi decimi di millimetro), le quali vengono passate sulla lama fissa insieme ad una pasta lubrificante. Questa fase è molto importante per evidenziare la damascatura. I procedimenti successivi hanno lo scopo di scurire la superficie della lama che va dallo Hamon alla costolatura. Poi si procede alla politura del Boshi che alla fine risulterà satinato, contrastando piacevolmente così con il resto della lama.

Lucidatura (Migaki)

Per completare il lavoro si procede alla lucidatura del Mune e dello Shinogi ji utilizzando i brunitoi, astine di acciaio durissimo che sfregate velocemente sull’acciaio (assieme ad una polvere lubrificante) ne compattano la superficie rendendola lucida e riflettente. Per questa operazione si usano almeno quattro diversi tipi di brunitoi, oltre ad alcuni speciali per il tagliente. Ogni lama ha delle caratteristiche diverse e quindi ogni lama richiede pietre e brunitoi adatti alle sue personalissime ed irripetibili caratteristiche costruttive, lo spadaio dovrà quindi disporre di un’ampia gamma di materiali al fine di esaltare la “personalità” di ciascuna spada, che naturalmente avrà studiato con la massima attenzione prima di procedere alla politura.